Il legame famigliare è potente: il racconto di Livia
Nel percorso di trattamento e gestione di obesità e sovrappeso non
siamo soli: intorno a noi ci sono le persone che condividono la loro
vita con la nostra, che ci amano e che vogliono il nostro bene.
Svolgono un ruolo fondamentale nello stimolarci, supportarci,
spronarci e accompagnarci ogni giorno in questo viaggio, spesso con un
ruolo attivo sia per quanto riguarda il cambiamento degli stili di
vita (alimentazione, attività motoria, sane abitudini quotidiane), sia
per la loro costante presenza al nostro fianco: condividono con noi
piccoli e grandi successi, ma anche i momenti bui in cui ci sentiamo
persi e vorremmo cedere alla tentazione di mollare tutto. Livia
è la moglie di un paziente con obesità che ha affrontato un
lunghissimo percorso di cura, ottenendo ottimi risultati, ma con
grande impegno, tenacia e forza di volontà e certamente non senza
momenti complicati. «Mia moglie è sempre stata al mio fianco» ci aveva
detto il marito nell’intervista che ci ha rilasciato. «Avere qualcuno
che si occupi e preoccupi di te è di grande supporto in questo
viaggio». Abbiamo quindi deciso di fare una chiacchierata anche con la
signora Livia, per incoraggiare e stimolare quanti ogni giorno vivono
con questa problematica pur non essendo i protagonisti del percorso di
cura. Ma insostituibili e fondamentali co-protagonisti.
Suo marito ha affrontato un lungo periodo di trattamento dell’obesità e
questo ha certamente coinvolto anche lei. Come gli è stata vicina nel
percorso di cura?
Mio marito e io stiamo insieme da quasi 60 anni, gli sono sempre
stata accanto in tutto il suo percorso di cura, da quando pesava 160
kg a ora, che ne pesa 100. Ci sono stati anni in cui non era in grado
di spostarsi da solo e neanche di allacciarsi le scarpe in maniera
autonoma. Ero sua moglie, ma anche la sua assistente 24 ore su 24,
perché senza aiuto non riusciva a fare praticamente nulla. Pur
avendo vissuto momenti difficili, ho sempre cercato di non pormi di
fronte a lui come un giudice, ma piuttosto accanto a lui, come una
spalla su cui appoggiarsi. Qualche volta lo ammetto, ho perso la
pazienza, ma sgridare e far sentire in colpa non è producente, anzi: a
chi sta affrontando un percorso di gestione e di cura dall’obesità non
serve il giudizio, serve, piuttosto, tanto incoraggiamento. È
richiesta una grande forza di volontà e una predisposizione a cambiare
radicalmente i propri stili di vita, e di questo il merito è tutto
suo: mio marito ha modificato la sua mentalità insieme con la sua
alimentazione e la predisposizione all’attività fisica, ma, certo, mi
ha sempre avuto al suo fianco. Non ho mai pensato, neanche nei momenti
peggiori “Non ce la farà”, perché sapevo che se vuole, può tutto.
È stata coinvolta direttamente dai medici che hanno preso in cura suo marito?
Mio marito è stato ricoverato 15 giorni in una struttura dedicata al
trattamento dell’obesità. Il percorso terapeutico prevedeva visite di
follow up ogni tre mesi, ma era un periodo troppo lungo… in tre mesi
avrebbe potuto perdersi. Ci siamo rivolti, quindi, a una dottoressa
esperta di questa malattia e al suo team. All’inizio di questo
rapporto, mio marito era ancora molto pesante e quindi le prime volte,
proprio per questioni logistiche, lo accompagnavo io alle visite con
cadenza quindicinale. Non sono stata coinvolta nel percorso di cura,
ma ero spesso presente alle visite, lo assistevo perché pensava
potesse essergli utile avermi lì, anche perché temeva di dimenticare
qualcosa di importante da dire alla dottoressa. È stata la
scelta migliore quella di affidarsi a un’esperta del problema: lei lo
ha saputo comprendere e accompagnare con professionalità e stima,
senza fargli mai mancare il suo supporto, anche quando la bilancia,
nonostante l’impegno e le rinunce, faticava a scendere. Il farmaco che
la dottoressa ha prescritto a mio marito – e che tuttora assume con
costanza – e le visite ravvicinate con i professionisti sanitari
esperti di obesità hanno fatto la differenza.
Come sono cambiate le abitudini quotidiane di tutta la famiglia? Quali
strategie ha messo in atto per aiutare suo marito?
Tutta la famiglia deve essere coinvolta in un cambio di mentalità e
di abitudini che non possono riguardare solamente la persona che deve
convivere con questa malattia. Naturalmente parte del percorso di
trattamento dell’obesità riguarda alimentazione e attività fisica.
L’impegno in cucina è stato sempre condiviso anche perché, se è vero
che spesso la spesa la fa mio marito (ma sulla base della lista che
preparo io), poi cucinare è da sempre compito mio. Abbiamo rivisto gli
ingredienti, sulle indicazioni dei medici, e soprattutto le porzioni.
Oltre a questo, certamente qualche stratagemma può essere utile: per
esempio noi siamo ghiotti di formaggi. Io, tra l’altro, soffro anche
di osteoporosi, per cui un apporto in più di calcio mi era addirittura
consigliato dal medico. Ma sappiamo bene che i formaggi sono alimenti
“pericolosi” in un regime dietetico. Una volta compravamo pezzi enormi
di formaggio, ora compriamo soltanto fettine piccolissime, quello che
serve per una cena e nulla più, così da non avere questo alimento nel
nostro frigorifero. C’è stato un periodo, poi, all’inizio del
suo percorso di cura, in cui mio marito aveva attacchi di fame
notturna improvvisi, apriva il frigorifero e quello che c’era
mangiava. Per aiutarlo, pensai di preparare alla sera una ciotola non
troppo abbondante di cous cous con le verdure e di chiudere a chiave
la porta della cucina: se avesse avuto un attacco di fame durante la
notte poteva arrivare solo a quella ciotola. Per quanto riguarda
l’attività fisica, invece, ha fatto tutto da solo, perché io sono
tendenzialmente pigra. Spesso l’ho accompagnato nelle sue passeggiate,
ma quando non avevo voglia di andare con lui, usciva (ed esce tuttora)
da solo. Certo, mi è pesato l’ingente investimento sul tapis roulant e
sulla cyclette che si era impuntato di comprare qualche anno fa, ma
aveva ragione lui: sono strumenti utili per fare movimento quando il
meteo è avverso e li usa ancora oggi di frequente.
Ci sono stati momenti di crisi o di sconforto? Come li ha superati?
Certamente ci sono stati: momenti difficili e cadute, abbuffate
compulsive dalle quali indietro non si tornava, ma tutto passa ed è
inutile arrabbiarsi. Giudicando si ottiene l’effetto contrario a
quello che si vorrebbe avere. Nel corso degli anni, quando la
situazione sembrava sfuggirgli di mano, ho fatto invece con lui lunghe
chiacchierate incoraggianti In un percorso nella gestione del proprio
peso i momenti bui capitano spesso, è normale, come lo è sentirsi
demotivati o stanchi, ma poi si ricomincia. “Domani è un giorno nuovo,
ripartiamo insieme” gli dicevo. E un’altra cosa gli ho detto
spesso nel corso degli anni e continuo a dirgli anche ora: “Sono fiera
di te”. Perché se è vero che si affrontano insieme i momenti di crisi,
e poi si superano, è altrettanto vero che vanno celebrati anche i
piccoli o grandi successi che si raggiungono: sentirsi apprezzati e
capire che si gode della fiducia di chi ci sta accanto è uno stimolo
importante a far sempre meglio.
La vita con l'obesità è fatta di momenti difficili ed è importante avere
accanto persone che sappiano motivarci: il racconto di
Gabriele M. è uomo di 76 anni con una grande cultura ed esperienza.
Manager in un’azienda farmaceutica, con un’attività lavorativa che l’ha
portato in giro per l’Italia per molti anni, è ora in pensione. Affetto
da obesità fin dall’infanzia, ha vissuto una vita in cui le oscillazioni
di peso si sono susseguite praticamente sempre, fino a quando anche la
terapia farmacologia gli ha offerto una stabilità che aveva perso la
speranza di raggiungere.
Le app sono come assistenti personali che supportano la nostra memoria e
ci vengono incontro nell'organizzazione dei vari impegni. Tra queste, è
in aumento l'utilizzo delle app dietetiche, da semplici diari che
permettono di tenere conto degli alimenti e delle calorie ingerite, fino
a veri e propri consiglieri alimentari, da utilizzare, però, sempre con cautela.
È fondamentale avere un partner affidabile nel proprio percorso di
dimagrimento: il medico deve accompagnarci lungo la strada con continue
iniezioni di fiducia stimolando la nostra motivazione, soprattutto in
quei momenti in cui le cose si fanno più difficili. Il rischio,
altrimenti, è di perdere la bussola e abbandonare del tutto la terapia.
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