Il cambiamento passa attraverso diverse fasi: dalla presa di
coscienza della necessità di cambiare al cambiamento vero e proprio. È
un percorso non semplice, che può comportare indecisioni e ricadute
ma, se fatto con la giusta motivazione, può portare al raggiungimento
dei risultati desiderati.
Può capitare a tutti di sentirsi insoddisfatti della propria
condizione, ma di non sapere come fare per cambiarla. È una situazione
molto comune: si è consapevoli delle conseguenze negative del proprio
comportamento, si vorrebbe modificarlo, ma ci si sente bloccati e ci
si trova a ripetere lo stesso schema comportamentale tanto familiare.
Alcuni esempi di ragionamenti che ci bloccano sono: “So che sarebbe
meglio per me ridurre la quantità di dolci che mangio dopo cena, ma mi
piacciono così tanto che non riesco a farlo” o, ancora, “So che mi
sentirei meglio se facessi una passeggiata ogni giorno, ma quando
torno dal lavoro sono così stanco che non vedo l’ora di sdraiarmi sul divano!”.
Rimanere nella condizione presente è più facile che affrontare un
cambiamento, per il quale è necessario innanzitutto trovare la giusta motivazione.
La motivazione è, infatti, la disposizione al cambiamento. È il
motorino di avviamento della scelta di cominciare a impegnarsi in un
certo compito, di spendere una certa quantità di energie e di
mantenere nel tempo i risultati raggiunti: nessun cambiamento può
avvenire in assenza di motivazione. Si tratta di uno stato dinamico
che può variare da un momento all’altro e da una situazione all’altra
ed è determinato da diverse variabili che non dipendono esclusivamente
da noi. Gli psicologi James Prochaska e Carlo Di Clemente
hanno indagato i meccanismi del cambiamento, identificando una serie
di fasi che le persone generalmente attraversano nel tentativo di
risolvere i propri problemi. Queste fasi possono essere esemplificate
nella cosiddetta “ruota del cambiamento”.
1) Fase di precontemplazione: non c’è ancora la consapevolezza
dell’esistenza di un problema. Chi si trova in questa fase non pensa e
non sente di dover modificare il proprio comportamento.
2) Contemplazione: c’è una parziale consapevolezza
dell’esistenza di un problema. Chi si trova in questa fase desidera
fare qualcosa per cambiare il proprio comportamento, ma non riesce a farlo.
3) Determinazione: chi si trova in questa fase è intenzionato
ad attivare un cambiamento, è perfettamente consapevole degli aspetti
negativi legati al suo comportamento malsano e questo lo porta a
sentire la necessità urgente di cambiare e a domandarsi cosa fare
concretamente per risolvere il problema.
4) Azione: in questa fase la persona mette in atto le
strategie di cambiamento identificate nello stadio precedente, per
esempio, inizia concretamente un percorso terapeutico, entra in un
programma, intraprende un trattamento adeguato.
A questo punto il cambiamento è cominciato ed è reale. Eppure, il
processo non finisce qui, perché, passata la forza propulsiva della
trasformazione, è necessario trovare le energie per portarla avanti.
Inizia così la fase successiva, quella del mantenimento.
5) Mantenimento: dopo 6 mesi in cui il cambiamento
comportamentale è avvenuto, subentra un’altra fase, quella della
incorporazione del cambiamento nel nuovo stile di vita.
6) Ricaduta: può verificarsi per motivi diversi, come un
impulso o una tentazione particolarmente forte; oppure volersi mettere
alla prova o, ancora, perché l’impegno è vissuto come troppo pesante.
È importante sottolineare che la ricaduta fa parte del processo di
cambiamento, non deve spaventare né stupire: è normale che capiti.
Perché il cambiamento abbia inizio, è necessario superare quella fase
iniziale in cui si registra sempre una forte ambivalenza tra rimanere
nella condizione in cui ci si trova e cambiare. Questa ambivalenza è
particolarmente forte in presenza di disturbi del comportamento alimentare.
Il superamento dell’ambivalenza corrisponde al risultato del
conflitto tra costi e benefici del comportamento problematico.
Immaginiamo una classica bilancia con due piatti: su uno posizioneremo
i vantaggi e gli svantaggi del comportamento attuale e sull’altro i
vantaggi e gli svantaggi che otterremmo da un cambiamento. È
un’analisi molto utile, perché spesso ci si sofferma soltanto sugli
aspetti negativi del comportamento e non si tengono in alcuna
considerazione quelli positivi, nei quali è insito il senso stesso che
quel comportamento, per quanto “malsano”, riveste per la persona.
Inoltre, ci costringe a un piccolo sforzo: difficilmente penseremmo
spontaneamente a tutti questi aspetti, e metterli in fila permette di
visualizzarli con maggiore chiarezza.
Va sottolineato, infine, che più del numero di vantaggi o svantaggi,
è importante il valore che la persona attribuisce a ciascuno di essi.
Nella bilancia decisionale si può attribuire loro un punteggio che
aiuti a identificare meglio il loro valore per la persona.