I circoli vizioni che ostacolano la perdita di peso
Per perdere peso la volontà può non bastare: l’organismo è capace di
mettere in atto una serie di meccanismi, fisiologici o psicologici,
volti a conservare il peso più alto raggiunto. Circoli viziosi che è
bene conoscere per adottare la giusta strategia.
Perché quando si parla di obesità, è tanto difficile tornare
indietro? Perché una volta raggiunto un peso eccessivo, ipotizziamo
100 kg, il nostro corpo non capisce che è troppo e non si
auto-regola? Vi sono diverse cause: endocrine, neurologiche,
motivazionali. Persino il microbiota può giocare un ruolo
fondamentale. Si può osservare una caratteristica comune a tutte
queste cause: l’instaurarsi di circoli viziosi che portano l’individuo
a mantenere il peso raggiunto, anche in caso di livelli di obesità
gravi. In questo l’obesità sembra agire come alcune dipendenze: quando
un fumatore è abituato a fumare 10 sigarette, sarà spontaneo per lui
mantenere tale abitudine, così come lo è mantenere i kg in eccesso per
il paziente obeso. Ecco quali sono i più frequenti “circoli viziosi” e
come agiscono.
Circolo vizioso neurologico
È un circolo vizioso significativo: una volta che il cervello è
abituato ai segnali che vengono dal consumo di una data quantità di
cibo, e in particolare alla dopamina nell’area tegmentale ventrale,
esso la richiede quotidianamente con meccanismi simili a quelli con
cui un fumatore richiede le 10 sigarette al giorno a cui è abituato.
Non importa se quel cibo non ci serve o ci fa male come le 10
sigarette: ormai ci siamo abituati e, da un punto di vista
neurologico, ne siamo diventati dipendenti. Questo circolo vizioso è
molto forte, perché ha a che fare con il nostro cervello e con
neuro-trasmettitori potenti, come la dopamina; come per molte
dipendenze è facile metterci un piede, si ha l’impressione di poter
tornare indietro quando si vuole, ma quando ci si prova concretamente
si scopre che non è così facile.
Circolo vizioso endocrino
Anche da un punto di vista endocrino abbiamo circoli viziosi. Per
accumulare peso nell’obesità è necessario un eccesso di energia, il
che significa richiedere frequentemente al pancreas un lavoro extra:
secernere più insulina. Questo comporta che le cellule adibite a
bruciare energia possano, in soggetti predisposti, “abituarsi” a una
quantità maggiore di insulina e progressivamente diventare meno
sensibili all’azione dell’insulina stessa (fenomeno noto come
insulino-resistenza, frequente nel soggetto affetto da obesità).
Essere insulino-resistenti significa che le cellule muscolari
faticheranno un poco di più a incamerare dal sangue e bruciare il
glucosio, e questo rappresenta un ostacolo metabolico; un altro
circolo vizioso per il paziente con obesità che, al contrario, avrebbe
bisogno di un aiuto e non di ostacoli a livello metabolico.
Circolo vizioso a livello di microbiota
Oggi sappiamo che avere un microbiota sano significa anche avere un
metabolismo migliore e una minore suscettibilità all’obesità.
Tuttavia, una volta che è iniziato il processo di accumulo di tessuto
adiposo a livello addominale, lo spazio per la distensione
dell’intestino nella cavità addominale è sempre minore, perché essa è
occupata dal cosiddetto “grasso viscerale”. Alcuni degli alimenti più
utili al nostro microbiota, quali per esempio i legumi, le brassicacee
e altri vegetali ricchi di fibre, vengono in parte fermentati dal
microbiota, causando una produzione di gas che può provocare
discomfort addominale. Questo rende frequente nel paziente con obesità
la scarsa tolleranza a porzioni abbondanti di alimenti ricchi di fibre
prebiotiche, peggiorando la salute del microbiota e, in tal modo,
contribuendo a un ulteriore circolo vizioso. I motivi di questo
circolo vizioso sono diversi, uno dei meccanismi più rilevanti con cui
un microbiota è in grado di aiutare il paziente affetto da obesità è
la sua influenza sulla secrezione di GLP-1, importante ormone prodotto
a livello intestinale che si è dimostrato utile proprio nel campo dell’obesità.
Circoli viziosi motivazionali
La motivazione è importante nell’affrontare la terapia dell’obesità,
tuttavia mantenere una motivazione solida è una sfida non semplice, e
alle volte usiamo la nostra stessa intelligenza per sabotare i
migliori propositi. Questo può avvenire dopo un primo periodo in cui
il paziente ha perso, per esempio, una decina di chili in 3 mesi: è
soddisfatto e sa che quando è nelle condizioni per riuscire a
impegnarsi, può farcela. Allora è possibile fare questo ragionamento
basato su un dato oggettivo: quando si è nelle condizioni giuste, ce
la si può fare, il che di per sé sarebbe eccellente se fosse
funzionale al perseverare della motivazione. Ma il nostro cervello può
usare questo dato di realtà anche per dirsi: se quando sono nelle
condizioni corrette, posso farcela, allora posso anche indulgere un
poco, questa sera, questo fine settimana, magari ancora qualche giorno
e poi riprendere domani, dopodomani, la settimana prossima… Questa
modalità di pensiero è talmente frequente che la frase “Comincio la
dieta lunedì” è un modo di dire comune in parecchi paesi: si pensa a
un momento in cui si riprenderà la dieta dopo un periodo di “pausa”,
che può essere stato deciso anche sulla base di un primo momento di
successo. Ma una volta riprese alcune abitudini, diventa difficile
tornare indietro: dopo aver ripreso a fumare 10 sigarette, pur essendo
riuscito a ridurle a 6 per un periodo, ci vuole un ulteriore sforzo
che non sempre siamo nelle condizioni di ripetere, e il lunedì rischia
di diventare quello successivo.
Circoli viziosi e attività fisica
Anche nella scarsa attitudine all’esercizio fisico si possono
individuare meccanismi di auto sabotaggio dovuti a circoli viziosi. La
riduzione dell’attività fisica in pazienti affetti da obesità è di
comune riscontro, le motivazioni possono essere diverse: per esempio,
più si pesa e più è faticoso fare attività fisica, più si pesa e più
probabilità si hanno di avere problematiche osteo articolari, più si
pesa e più si è timidi o poco motivati nel fare attività fisica.
Recentemente le neuroscienze hanno spiegato come la scarsa propensione
all’attività fisica possa essere più una conseguenza che una causa
dell’aumento di peso, e questo per la riduzione dei recettori per la
dopamina (in particolare tipo D2 e non D1) che si osserva nel corpo
striato, struttura presente nel cervello. Questa è la dimostrazione
che il paziente obeso non è “pigro”, ma è in un circolo vizioso in cui
le modifiche neurologiche dovute all’aumento di peso rendono la
persona poco propensa all’attività fisica, il che comporta un
dispendio energetico minore e un aumentato rischio di ulteriore
accumulo di peso.
Per approfondire:
David J. Linden: La bussola del piacere, Codice Edizioni, 2017
ISBN: 978-88-7578-290-0
Barazzoni R, Gortan Cappellari G,
Ragni M, Nisoli E Insulin resistance in obesity: an overview of
fundamental alterations. Eat Weight Disord. 2018
Apr;23(2):149-157
Joseph Lupien-Meilleur, et al. Interplay
Between Gut Microbiota and Gastrointestinal Peptides: Potential
Outcomes on the Regulation of Glucose Control.Can J Diabetes. 2020
Jun;44(4):359-367
Teixeira, P.J., Silva, M.N., Mata, J. et
al. Motivation, self-determination, and long-term weight control.
Int J Behav Nutr Phys Act 9, 22 (2012)
Tra il dire e il fare: le difficoltà di mettere in pratica ciò che
teoricamente conosciamo
L’obesità colpisce anche medici che ben conoscono la malattia. Questo
perché, nonostante le conoscenze approfondite che si possono avere in
materia, nessuno è immune.
I sentimenti giocano un ruolo chiave nella gestione del peso
Mangiare per sentirsi meglio viene comunemente definita come
alimentazione emotiva, ed è il motivo per cui talvolta abbiamo bisogno
di supporto psicologico piuttosto che di consigli alimentari.
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