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Vivere con l’obesità | 6 min. tempo di lettura

Nel percorso di cura è importante fidarsi ciecamente dei medici che ci seguono: il racconto di Valentina

Valentina è un architetto che si occupa di salute e sicurezza sul lavoro. La intervistiamo in un periodo lavorativamente molto intenso e stressante per via della pandemia ed è felice di poter chiacchierare con noi e di “parlare di qualcosa che non sia Covid”.

«Devo cercare di mantenere un certo distacco da questa situazione così pesante che occupa così tanto spazio nelle nostre vite e devo cercare di gestirla dal punto di vista dello stress, perché il mio rapporto con il cibo è molto emotivo e lo stress è uno di quegli elementi che mi fa scattare la voglia di mangiare» ci spiega. «Per questo nelle ultime settimane ho chiesto il supporto della dottoressa che mi segue nel mio percorso, perché so che è in momenti come questi che posso più facilmente cadere in tentazione». Valentina è sempre stata una sportiva e quindi conosce bene i segnali del suo corpo. Sa che al primo campanello di allarme è bene attivarsi subito e chiedere aiuto, per evitare di vanificare il lavoro svolto e compromettere i risultati ottenuti. A sostenerla, gli specialisti giusti e un obiettivo, che ci rivelerà verso la fine dell’intervista, che è il coronamento di un bellissimo percorso di consapevolezza e di rinascita.

Qual era la sua problematica legata al peso e in che modo influiva sulla sua vita quotidiana?

Il mio problema con il peso nasce fin da piccolina. Mia mamma mi portò dal dietologo per la prima volta quando avevo 6/7 anni: ero la bambina più alta e “grossa” della classe. Quindi ho avuto a che fare con problemi di peso e con i medici fin da quando ho memoria. Però sono sempre stata una sportiva: mi hanno buttata in una piscina a 5 anni e fino a 19 ho fatto tutti gli sport possibili e immaginabili, anche tennis a livello agonistico, sport di combattimento, un po’ di tutto.

Quali sono stati gli eventi principali che hanno segnato, in positivo e in negativo, il suo percorso di perdita di peso?

Da adolescente, diciamo intorno ai 16 anni, cominciai a essere seguita per le prime vere diete, grazie alle quali dimagrii e mi assestai con il peso, merito anche dell’attività sportiva che svolgevo ancora regolarmente. Eppure a 24 anni mi ritrovai in condizione di obesità, senza essere passata in alcun modo attraverso disturbi alimentari, perché non ho mai sofferto di anoressia o di bulimia. A causare l’aumento di peso fu un’altra problematica, che venne scoperta dopo varie analisi: l’ovaio policistico, che mi provocava forti scompensi a livello dell’insulina e questa insulino-resistenza, unitamente a una mia “non disciplina” durante gli attacchi di fame, provocava consistenti aumenti di peso. Tra i 19 e i 24 anni mi sono trovata a pesare tra gli 85 e i 110 chili. Sono riuscita a perdere peso e a rientrare nella fascia del sovrappeso (mai del normopeso), mantenendo una certa stabilità fino ai 32 anni. Poi, di nuovo, dai 32/34 anni un aumento di peso molto consistente in un periodo in cui ho dovuto affrontare grossi problemi familiari, perdite di persone care e stress. Mi sono ritrovata a pesare 120 chili. Il campanello di allarme è suonato quando una mattina, per compiere un gesto semplicissimo come quello di infilarmi le calze, ho notato che avevo il fiatone e il battito accelerato. Ho capito che non era il caso di mettere a repentaglio la mia salute e la mia vita a 32 anni e che era arrivato il momento di fare qualcosa.

Quali sono stati i passi che meglio hanno contribuito al successo della sua terapia?

A seguito di quell’episodio mi sono attivata e ho deciso di intraprendere il percorso che mi ha portato a mettere il palloncino intragastrico. Ho conosciuto il team di specialisti che continua a seguirmi tuttora. Il palloncino mi ha permesso di perdere 26 chili dal momento in cui mi venne inserito fino alla sua dissoluzione (quelli di ultima generazione non si rimuovono, perché sono realizzati con un materiale assorbibile): un traguardo fantastico, perché è molto raro perdere così tanto peso con questo metodo. Risultati così importanti e in così poco tempo mi hanno incoraggiata ad andare avanti, perché ho capito che era davvero possibile.

Il resto dei chili è stato perso grazie a un abbinamento di dieta proteica, la chetogenica, e dieta mediterranea. Ho alternato un periodo di chetogenica a uno di mediterranea.

E ora la nuova svolta è stata essermi rivolta a una personal trainer, in un momento in cui fare sport è complicato. Io non sono seguita da uno psicologo, e ho trovato in questa figura un valido supporto, perché mi è vicina, mi incoraggia, mi sostiene e non permette che mi abbandoni allo sconforto.

Ci sono stati, quindi, momenti di sfiducia/sconforto in cui ha pensato che non ce l’avrebbe fatta? Se sì, come li ha superati?

Ci sono sempre momenti così. Mi accompagnano da sempre e l’ultimo è stato giusto ieri. Penso che dipendano anche molto dal carattere di una persona: ci sono momenti in cui mi guardo allo specchio e mi dico che io sono così, devo accettare che al di là di un certo peso non posso scendere. Invece accettarsi è importante, ma altrettanto lo è continuare a seguire i propri obiettivi. Il mio è perdere altri 10 kg e ci voglio riuscire, ne ho persi tanti e so di poterlo fare ancora.

Quanto è stato importante il rapporto con il medico e il team di specialisti che l’hanno seguita?

È un rapporto fondamentale. Per me lo è stato provare fiducia nello specialista che mi ha messo il palloncino e nella dottoressa che è il mio punto di riferimento per l’alimentazione. È stato essenziale anche in questo periodo di pandemia in cui le visite si sono necessariamente ridotte, ma nonostante l’interruzione io non ho sentito la lontananza perché ho potuto continuare a contare sul loro appoggio. Un medico deve trovare la chiave giusta per entrare in sintonia e creare un rapporto con il paziente in quello che è un percorso difficile, di cambiamento fisico ma soprattutto interiore. Insieme alla perdita di peso, infatti, c’è una fortissima crescita interiore, aumenta la consapevolezza di sé stessi. Nel team di professionisti inserisco anche il personal trainer: avere un professionista dedicato contribuisce a tenere alta la motivazione. Qualcuno che ti scrive “guarda che stasera non ci sono scuse, c’è l’allenamento”, non ti permette di mollare.

Come sta affrontando ora nel quotidiano il suo percorso di mantenimento del peso?

In questo momento sto seguendo una dieta chetogenica, l’obiettivo di quest’anno è di buttare giù gli ultimi chili perché ho in progetto un intervento di chirurgia estetica. Non si tratta di rimozione di pelle in eccesso, non ho questo problema perché la mia pelle ha reagito bene al dimagrimento, però vorrei rifarmi il seno. Devo perdere gli ultimi chili per stabilizzare il peso per qualche mese, per poi poter affrontare l’intervento. È un obiettivo importante per me, e non me ne vergogno, perché voglio potermi guardare allo specchio e piacermi. In questo momento sono molto orgogliosa di quello che ho fatto, ma non riesco ancora a sentirmi completa e felice. Con questo intervento spero di riuscire a vedere nello specchio la Valentina che voglio essere da tanto tempo.

Da paziente a paziente, quali consigli si sentirebbe di dare a chi sta per intraprendere un percorso come il suo?

Da paziente a paziente voglio consigliare di fidarsi ciecamente dei medici. È importante non sentirsi giudicati da loro, perché non ci giudicano, ci pongono degli obiettivi, e se dicono che il percorso deve essere quello è perché sanno cosa stanno facendo. Vorrei anche dire di non vergognarsi se ci sono dei momenti in cui ci si sente deboli, perché è normale, è umano. Io ieri sera mi sarei mangiata volentieri due pizze, non lo nascondo, ma ho esternato questo pensiero, non me lo sono tenuto dentro e per il fatto di averne parlato sono riuscita a superarlo. Questi momenti di debolezza è bene condividerli con il medico o con chi ci è accanto e ci sta supportando nel percorso. E poi bisogna sapere che ci saranno dei momenti in cui la bilancia non perdonerà, momenti in cui il peso sarà quello e quello rimarrà, ma non bisogna scoraggiarsi, perché è fisiologico. Ma, soprattutto, bisogna imparare a volersi bene, questa è la cosa più importante.

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