L’equazione tra energia ingerita ed energia spesa non basta nel
trattamento di sovrappeso e obesità. C’è chi definisce questo
paradigma diffuso dell’“Eat less, move more” come un vero e proprio
incubo da cui i medici devono ora svegliarsi
Tante ricerche portano in luce un problema non trascurabile
nell’approccio e nella gestione di obesità e sovrappeso: spesso gli
operatori sanitari hanno pregiudizi nei confronti di coloro che
convivono con l’obesità, perché si è ormai radicata l’idea troppo
semplicistica e davvero pericolosa che la perdita di peso consista
solo nel mangiare
di meno e nel muoversi di più.
Un paziente, secondo questo
paradigma, sarebbe quindi obeso o in sovrappeso perché inserisce un
quantitativo maggiore di energia rispetto a quello che consuma facendo movimento.
«“Eat less, move more” è un concetto che, parlando di queste
patologie, non ha nessun fondamento di verità» ci dice il dottor
Michael Vallis, psicologo ed esperto nella formazione dei medici
specializzati in obesità. «Anzi, è un vero e proprio incubo dal quale
gli specialisti devono uscire, perché ci sono ormai prove schiaccianti
che l’obesità sia una condizione medica condizionata da fattori
genetici contro i quali l’individuo può poco».
«L'appetito è complesso» continua lo psicologo «coinvolge diversi
sistemi cerebrali che proteggono dalla perdita di peso, e il cibo
tocca anche aspetti sociali ed emozioni.
Di conseguenza, sappiamo che il peso non è il risultato di un semplice
comportamento e non può essere controllato se non tramite un approccio
che abbracci tutti gli aspetti esaminati».
La mentalità “mangia di meno, muoviti di più” ha creato pregiudizi
nei confronti delle persone che convivono con l’obesità anche da parte
degli operatori sanitari e «per risolvere la situazione sarà
necessario che medici e specialisti siano istruiti sulla scienza e
anche sull’etica della gestione dell’obesità» afferma il dottor Vallis.
Nel frattempo bisogna lavorare duramente per riconquistare la
fiducia delle persone che convivono con la malattia e lo psicologo
non ha dubbi su quale sia il primo passo: chiedere scusa. «Se ti
abbiamo trattato male e hai sofferto per questo, ti chiediamo scusa»
afferma con convinzione. «Nel percorso di cura per sovrappeso e
obesità sei un partner alla pari del medico che ti ha in carico. E se
non sei soddisfatto delle cure che stai ricevendo, hai tutto il
diritto di impegnarti in una discussione costruttiva con il tuo
dottore. Non arrenderti, esistono operatori sanitari empatici che
praticano un approccio collaborativo nella cura dell’obesità».
Michael Vallis incoraggia, infine, i pazienti a parlar chiaro: «Se ti
senti giudicato dal tuo medico, parlane con lui apertamente, e se
nonostante questo continui a sentire che con lui manca empatia,
rivolgiti a un altro specialista. Come in tante occasioni nel corso
della vita, anche nella gestione dell’obesità potresti dover impiegare
del tempo per trovare quello che fa per te, quello che saprà
ascoltarti, entrare nella tua storia e comprendere come accompagnarti
con partecipazione proficua nel percorso di cura».